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  della finzione. In pratica la società burocratica in cui viviamo alimenta essa stessa questo circolo vizioso, mentre la formazione continua do- vrebbe essere un nostro credo in una società sempre più intellettuale e concorrenziale. Un altro esempio: la tutela della privacy, tanto artico- lata quanto inefficace e fasulla.
Infine, parliamo della scelta del- l’offerta didattica. In molte aziende ci si ferma purtroppo alla didattica prevista dalle norme, per essere a posto. Alcune aziende offrono corsi anche per lo sviluppo della perso- nalità e la crescita reale dei propri dipendenti, spesso poco e saltua- riamente, in modo non strutturato, ma almeno un passo nella giusta di- rezione. Poche le aziende che pun- tano veramente sulla formazione delle proprie persone come parte qualificante dei singoli e vero motore di crescita per la stessa azienda, come mossa vincente sul mercato. Il gruppo Ferrovie dello Stato Italiane sta là in mezzo da qualche parte. Molta della formazione erogata in e- learning e anche in presenza attiene a obblighi di norma o a tutele per l’azienda (come, ad esempio, ap- punto la 231). Moltissimo che viene fatto come formazione attiene alla formazione base del personale (pensiamo alle aule in presenza per
i macchinisti, per esempio, che in futuro troveranno sempre maggiori spazi nella forma webinar). Qual- cosa viene fatto anche per lo svi- luppo della personalità (per esempio corsi per la gestione delle risorse umane, corsi di leadership e simili), difficilmente in forma di e-learning e sarebbe bene vedere quante per- sone vengono raggiunte da questo tipo di formazione, quanto in propor- zione sul tutto e con quale livello di qualità in entrata ed efficacia in uscita e come il tutto sia calato in una strategia complessiva di cre- scita professionale o piuttosto invece con il solo intento di alimentare sta- tistiche di ore pro capite senza avere realmente il pugno della situazione e magari con lo scopo di accedere a fondi europei. Quanto infine ac- cade per la sensibilità di uno o un altro amministratore delegato o capo delle risorse umane.
Quindi e-learning solo per norma e per temi marginali, magari in pil- lole, spesso banali e scontate. Non abbiamo parlato della formazione on the job, il learning by doing. Que- sta forma è altrettanto importante ed è sicura base per l‘apprendi- mento, ma è perlopiù in forma live, ossia dal vivo lavorando e rubando l’esperienza di altri e non certo a di- stanza. Ma non è nulla di strutturato.
Bisogna ripensare dunque probabil- mente la formazione nel suo in- sieme, ma appunto all‘interno di una struttura organizzata che possa dare continuità e coerenza nel tempo e possa essere essa stessa misurata nell’efficacia reale che realmente ha e che non può ridursi all’indicatore delle ore erogate e degli incentivi in- cassati. Non ci si può nemmeno li- mitare al furto in presenza del lear- ning by doing. Inoltre, all’obiettivo di miglioramento di conoscenze del personale va dedicato del tempo sul serio. Spesso i vecchi saggi del- l’azienda, gente con un bagaglio enorme di conoscenza accumulato nel tempo, non possono disporre di tempo per trasferire ai giovani il loro sapere. Un vero peccato. La carriera per noi manager dovrebbe infatti di- vidersi, come ho già detto, in tre mo- menti: impara, agisci e insegna. In- vece spesso agiamo, agiamo e agiamo e poi in pensione! L’impara e l’insegna vanno valorizzati e messi a sistema sia a mezzo di e-learning (anche in streaming), sia in affian- camento, sia in aula. Su questo aspetto siamo carenti e perdiamo colpevolmente una quota rilevante del nostro know-how (ultimo termine inglese). C’è da migliorare.
Roger Hopfinger




























































































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